Domande frequenti
Come è fatto un dente?
Il dente è costituito da due parti:
- la corona dentale, che è la parte che si vede nella bocca
- la radice, che è inserita nell’osso
Il dente è costituito da diversi tessuti:
la dentina: costituisce lo scheletro del dente, di colore giallo-arancione, è attraversata da tanti piccoli canali detti tubuli dentinali che vanno dall’interno verso l’esterno, cioè dalla polpa del dente allo smalto
lo smalto: è la parte più esterna della corona, riveste la dentina nella porzione della corona del dente. Molto duro e resistente, è adatto a sopportare la masticazione.
Il cemento: riveste la dentina su tutta la superficie della radice. E’ uno strato sottile.
la polpa: è il cosiddetto “nervo”. In realtà oltre alle fibre nervose presenta vasi sanguigni e linfatici per l’irrorazione. Si trova nella camera pulpare all’interno della corona e nei canali delle radici.
Come si ottiene una corretta igiene orale?
Un corretta igiene orale è la “conditio sine qua non” per avere una dentura longeva e sana. Ed è anche un presupposto fondamentale per la longevità di qualunque terapia dentale (otturazioni, impianti, etc.).
Avere una buona igiene orale significa avere i denti puliti, cioè privi di placca. Oltre ad una corretta alimentazione, è importante utilizzare con frequenza quotidiana una serie di presidi:
spazzolino: utilizzato per pulire le superfici vestibolari, linguali e occlusali dei denti
filo interdentale: utilizzato per pulire le superfici interdentali
scovolino: sostituisce il filo interdentale nei casi in cui gli spazi interdentali siano larghi (è questo il caso dei pazienti affetti da parodontopatia)
L’utilizzo del dentifricio e dei collutori è superfluo. La loro sola funzione è di sgrassare i denti e quindi farli apparire più brillanti (grazie alla sostanze tensioattive presenti nel dentifricio) e di lasciare una bocca più profumata e con un sapore gradevole (grazie alla presenza di sostanze aromatizzanti).
Come si spazzolano I denti?
I denti vanno spazzolati almeno 3 volte al giorno, preferibilmente dopo i pasti. Lo spazzolamento va eseguito con piccoli movimenti rotatori tenendo le setole dello spazzolino inclinate di circa 45° rispetto l’asse del dente in modo da indirizzarle nel solco gengivale (tecnica di Bass ). Fondamentale l’uso, almeno una volta al giorno, del filo interdentale e nel caso di ponti o apparecchi ortodontici, dello scovolino, per raggiungere quelle aree dove lo spazzolino non può arrivare. L’uso di collutori medicati (clorexidina o altro) va limitato a casi particolari, su indicazione dell’odontoiatra o dell’igenista dentale.
Che cos'è la placca batterica?
La placca batterica è quella patina biancastra che si deposita sui denti: è composta da batteri che vi si riproducono organizzandosi e nutrendosi di zuccheri, producendo così gli acidi responsabili del processo carioso.
Che rapporti ci sono tra problemi dentali ed alito cattivo?
Certamente problemi dentali quali: carie, infiltrazioni cariose in vecchie protesi fisse non più congrue, affollamenti dentari, tasche parodontali, depositi di placca e tartaro… sono tutte cause di ristagno di batteri e residui alimentari, la cui fermentazione è causa di alitosi.
Ogni quanto è necessario sottoporsi a visite odontoiatriche?
E’ importante effettuare visite dentistiche due volte all’anno al fine di intercettare le eventuali patologie allo stato iniziale.
Ciò offre il vantaggio di effettuare terapie più conservative e meno invasive, con una migliore prognosi per i denti ed un minor traumatismo per il paziente.
Le patologie dentali nella maggior parte dei casi sono silenti negli stadi iniziali, cioé il paziente non avverte alcun sintomo. Ecco perché recarsi dal dentista quando appaiono i sintomi, è generalmente indice di una patologia di media o grave entità.
Che cosa è la saliva, da quali ghiandole è formata, quali sono le sue funzioni?
La saliva è un liquido secreto dalle ghiandole salivari situate nella cavità orale. Come tutte le secrezioni, anche la saliva è costituita prevalentemente da acqua (99%), mentre soltanto l’1% è rappresentato da sostanze inorganiche ed organiche.
Fra le sostanze inorganiche, troviamo soprattutto sali minerali, in particolare cloruri e bicarbonati di sodio, potassio e calcio. La frazione organica è invece rappresentata da enzimi (amilasi o ptialina, mucina, lisozima, enzimi glicolitici) ed immunoglobuline. Il pH della Saliva è intorno ai 7 ed è quindi neutrale ; questo grazie alla presenza nella saliva dei Bicarbonati; il valore critico del pH salivare, al di sotto del quale si va incontro a demineralizzazione dello smalto, è di 5.5. La secrezione salivare è affidata a diverse ghiandole: il 60% viene prodotto dalle ghiandole sottomandibolari, il 30% dalle ghiandole parotidi ed il 5% dalle sublinguali. Esistono inoltre ghiandole salivari minori (5% della secrezione).
La quantità di saliva prodotta dalle parotidi aumenta fortemente in seguito ad una forte stimolazione. Le ghiandole salivari funzionano a ciclo continuo e la saliva viene secreta continuamente, pur variando in quantità (1000-1500 ml al giorno). Durante il sonno vengono secreti circa 0,3 ml di saliva al minuto, mentre fuori del sonno circa 3-4 ml/minuto.
Il liquido secreto dalle ghiandole salivari non presenta sempre le medesime caratteristiche: le parotidi secernano saliva più fluida e ricca di ptialina; le sottomandibolari secernono saliva mista, mentre le sublinguali producono un liquido viscoso, perché ricco di mucina.
Le principali funzioni della Saliva sono:
• Azione meccanica trasformando il cibo ingerito in Bolo
• Azione digestiva attraverso Enzimi quali la Ptialina e le Lipasi
• Azione lubrificante per la cavità orale, grazie alla quale facilita la deglutizione e la fonazione (l’atto di parlare). Tale proprietà è legata al suo contenuto di Mucina
• Azione di protezione verso i microrganismi introdotti con il cibo, grazie ad un agente antibatterico chiamato lisozima, la cui azione protettiva è potenziata dalla contemporanea presenza di immunoglobuline (anticorpi).
• Azione anticariogena attraverso una azione Tampone per la presenza nella saliva di bicarbonato: quando l’ambiente orale diventa acido per la fermentazione degli zuccheri da parte dei batteri oppure in seguito a reflussi gastroesofagei o in seguito a vomito la saliva interviene nel giro di 20 minuti ripristinando il pH e gli ioni calcio fuoriusciti dal dente in seguito alla demineralizzazione,rientrano nello smalto rimineralizzandolo.
Quando la Saliva diventa più acida?
• Ridotta produzione di saliva che fisiologicamente avviene durante le ore del sonno
• In seguito all’utilizzo di farmaci o a stati morbosi
• Ridotta igiene orale
• Alimentazione con troppi cibi acidificanti (alcool,caffè, cioccolata , legumi , carne , latticini ,grassi in genere, pasta pane ,uova)
• Ci sono casi di saliva più acida indipendentemente dalla quantità salivare, o dal tipo di alimentazione etc. In questi casi in questa saliva avviene una ridotta attività da parte degli enzimi glicolitici ( una delle cause di predisposizione alla carie ovvero di Cariorecettività)
Quando la Saliva diventa più alcalina?
• Nei momenti di iper-produzione salivare.
• Alimentazione con cibi alcalinizzanti( soprattutto frutta e verdura) In particolare la frutta più alcalinazzante è l’uva; anche i limoni e i pompelmi sono stranamente alcalinizzanti perchè vengono trasformati in carboidrati alcalini (basici). Si tratta di un processo che avviene normalmente nelle persone in buona salute, ma che può non compiersi completamente, a causa di stress e difficoltà digestive.
• Ci sono casi di saliva più alcalina indipendentemente dalla quantità salivare, o dal tipo di alimentazione etc. In questi casi in questa saliva avviene una elevata attività da parte degli enzimi glicolitici (soggetti poco predisposti alla carie ovvero Carioresistenti)
Quanto contribuisce il tipo di terreno e l'acqua sulla insorgenza della carie?
Nelle regioni in cui il terreno è carente di materiale calcareo, come in Svizzera, la carie è molto diffusa. In molte zone della Sicilia, dove il terreno è molto calcareo, la carie è minima. Per quanto riguarda l’acqua importante è il suo contenuto di Fluoro.
Fluoro Si o Fluoro No?
E’ innegabile che il fluoro in determinate concentrazioni sia molto utile nella riduzione della carie; il fabbisogno quotidiano di fluoro è di circa 1 mg; al di sotto di 0,5/ 0,7 mg possono comparire i segni di carenza, mentre al di sopra di 1,8 mg possono comparire i segni dell’iperdosaggio (Fluorosi), che si manifestano inizialmente con macchie bianche sui denti (fino a creare solchi e cavità). Un iperdosaggio prolungato sembrerebbe essere causa anche di alterazioni nervose e scheletriche.
Dal momento che non è possibile controllare a priori l’assunzione quotidiana di fluoro, essendo questa dipendente da numerosissimi fattori (consumo di pesce, tipo di acqua minerale, dentifricio utilizzato, acqua potabile, etc.), bisogna fare attenzione a prescrivere compresse di fluoro nei bambini e in gravidanza perché secondo alcuni studi potrebbe essere tossico per il feto (anche a dosi sicure per la madre). Sono tutti concordi che il fluoro non è dannoso se applicato localmente.
In conclusione, considerando che gli effetti negativi di una iperassunzione di fluoro potrebbero manifestarsi anche in maniera seria a livello sistemico e che non è facile controllare l’assunzione giornaliera di fluoro, è più prudente da parte del dentista proporlo nel bambino, predisposto alla carie, solo con applicazioni locali saltuarie. E’ comunque un argomento molto dibattuto in quanto studi affermano che le dosi tossiche a livello sistemico (complicanze a livello del sistema nervoso etc.) siano difficilmente raggiungibili.
Perché è difficile che funzioni un Vaccino?
Perché i germi in causa sono tanti e perché non sono l’unica causa (saliva più acida, tipo di alimentazione, igiene, etc).
Perché lo streptococco mutans, che è il più responsabile della carie, ha la capacità di mutare.
Soprattutto perché si è visto che i batteri cariogeni hanno scarse proprietà immunogene: cioè a livello locale viene stimolata in maniera trascurabile la produzione di anticorpi.
Che cosa è l'impianto dentale? Da quale materiale è costituito?
L’impianto dentale, noto anche come impianto endosseo, è un dispositivo medico di tipo chirurgico utilizzato per riabilitare funzionalmente ed esteticamente la perdita o la mancanza congenita di uno o più denti; può essere inserito sia nella mandibola che nella mascella.
E’ composto da una parte endossea fornita di spire chiamata “fixture” e da una parte che è al di fuori dell’osso ed attraversa il tessuto gengivale, detta “abutment”, che è un elemento separato che si connette da una parte alla fixiture, attraverso un sistema di aggancio fisso o regolabile, e dall’altra alla corona (capsula) che verrà costruita per quell’impianto.
L’impianto è di forma cilindrica o tronco conica, di dimensioni variabili come spessore e come lunghezza. Modelli di dimensioni ridotte (molto sottili) chiamati perciò mini-impianti o mini-viti vengono, inoltre, utilizzati per fornire stabilità a protesi mobili e, in ortodonzia, per fornire punti di appoggio temporanei di ancoraggio necessari ai movimenti dentali.
Il materiale d’elezione usato per gli impianti dentali è il titanio nella sua forma commercialmente pura (CP4), in quanto materiale dotato di caratteristiche ottimali di resistenza meccanica ed elevata biocompatibilità, o più propriamente bioinerzia.
Al fine di aumentare ulteriormente l’integrazione con l’osso (osteointegrazione), la superficie di molti impianti è sottoposta a trattamenti che a seconda del produttore vanno dalla anodizzazione, alla mordenzatura con acidi, alla sabbiatura, all’uso del plasma spray, all’uso del laser e della idrossiapatite microcristallina, etc.
Quali sono le fasi di un trattamento implantare?
Innanzi tutto ci sono una serie di esami preliminari che indicheranno al dentista la possibilità o meno di eseguire gli impianti e, in caso positivo, saranno fondamentali per la programmazione della tecnica chirurgica da utilizzare, per la programmazione del tipo di protesi e dei tempi di protesizzazione, nonché per la esecuzione di un preventivo corretto. Dopo questa fase preliminare, il trattamento di implantoprotesi consta di una fase chirurgica e di una fase protesica che talvolta possono esser contemporanee:
Esami preliminari:
- Analisi della età del paziente: non ci sono rigidi limiti di età; l’ottantenne generalmente ma non sempre ha più fattori di rischio di un soggetto più giovane perché possono coesistere alcune situazioni negative come lo stato di salute generale, l’assunzione di certi farmaci, una qualità ed una quantità di osso inferiore etc. Anche per quanto riguarda i giovanissimi non c’è un limite assoluto ma è consigliabile non eseguire impianti prima dei 16 anni.
- Analisi sullo stato di salute del paziente: è una analisi importanta perché alcune patologie sono da considerare come potenziali controindicazioni alla terapia chirurgica implantare: gravi forme di osteoporosi, immunodeficienza acquisita, malattie cardiovascolari gravi, diabete grave, alcune gravi malattie del sangue ed altre patologie sistemiche.
- Analisi sui trattamenti farmacologici e non a cui è sottoposto il paziente: alcune terapie sono da prendere attentamente in considerazione prima di effettuare una chirurgia implantare, anche se semplice: terapia con anticoagulanti (guarda sulla voce articoli), terapia con bifosfonati (guarda sulla voce articoli), la chemioterapia, la radioterapia ed altre.
- Analisi sui vizi e sulle abitudini del paziente: è importante sapere se il paziente è un fumatore e soprattutto se è un grande fumatore, perché il fumo è un serio fattore di rischio. E’ importante valutare le abitudini igieniche del paziente perché coloro che si lavano poco o male i denti possono andare facilmente incontro a complicanze precoci o tardive del trattamento implantare. Anche l’abitudine di farsi controllare almeno una volta l’anno dal dentista e di effettuare periodiche sedute di igiene, è di enorme importanza al fine di evitare complicanze.
- Analisi sulla presenza di eventuali parafunzioni come quella di digrignare i denti durante la notte (bruxismo): il tempo di contatto occlusale di pazienti con bruxismo durante la notte è sette volte più lungo rispetto ai soggetti non affetti da bruxismo (38,7 rispetto i 5,4 min.) Si è potuto constatare che i pazienti bruxisti vanno incontro con maggiore frequenza a complicanze protesiche e implantologiche: è dimostrato che il sovraccarico occlusale può portare alla perdita della osteointegrazione, con conseguente perdita degli impianti.
- Analisi funzionale: consiste nell’analizzare l’occlusione tra i denti della arcata superiore e dell’arcata inferiore, per valutare l’eventuale presenza di precontatti (contatti nocivi ), sia in occlusione statica (a bocca chiusa e ferma), sia in occlusione dinamica (durante i movimenti della mandibola in avanti e lateralmente).
- Analisi della quantità di osso a disposizione: si esegue attraverso un esame radiografico ( rx endorale, ortopanoramica, cone beam).
- Analisi della qualità dell’osso: si esegue attraverso la Cone Beam che è una Tac di ultimissima generazione a bassa emissione di raggi (circa 20 microsirver contro i 1000/2000 delle altre Tac). Attraverso questa apparecchiatura si può studiare dettagliatamente con una visione tridimensionale i settori da operare e i loro rapporti con strutture anatomiche importanti, nonché come ho già detto la densità dell’osso.
- Analisi estetica: chiaramente questa analisi riguarda i trattamenti implantari dei settori anteriori. Uno dei più grandi errori e mettere gli impianti senza prevedere quali saranno i limiti estetici della protesi sugli impianti. Questo è un punto molto delicato perché il risultato estetico insoddisfacente deve essere previsto dal chirurgo, che quindi potrà programmare insieme alla chirurgia implantare ulteriori interventi (che potranno essere risolutivi ai fini estetici).
- Analisi delle possibilità economiche del paziente: chiaramente bisogna valutare bene l’aspetto economico, proponendo eventuali alternative a lavori troppo costosi per quel paziente.
Fase chirugica:
- La fase chirurgica generalmente si esegue ambulatorialmente ed è rappresentata dall’inserimento degli impianti nell’osso mandibolare o mascellare.
La tecnica chirurgica avviene in anestesia locale e richiede generalmente l’incisione della gengiva, con l’esposizione dell’osso della zona interessata e quindi la perforazione di quest’ultimo con apposite frese, iniziando dalla più sottile fino ad arrivare a quella equivalente al diametro dell’impianto da inserire. Terminata la fase di preparazione del sito ricevente, si avvita l’impianto chiudendo la sommità con una apposita vite e si riposiziona la gengiva su di esso attraverso dei punti di sutura. Talvolta l’intervento avviene contemporaneamente all’estrazione del dente da sostituire e, in questo caso, la tecnica è più o meno la stessa, ma generalmente prevede l’aggiunta di biomateriale (osso sintetico o altro) intorno all’impianto nell’alveolo postestrattivo.
L’intervento implantare nella maggior parte dei casi è semplice, ma richiede ovviamente una corretta pianificazione del lavoro nella fase preliminare, una conoscenza dell’anatomia ed una preparazione da parte dell’operatore per questa specifica chirurgia, nonché il rispetto di tutte le norme igieniche e di sterilità.
Fase protesica: tempi di protesizzazione e tipi di protesi
- La fase protesica definitiva inizia generalmente quando l’impianto risulta ben integrato con l’osso e cioè quando è terminata la fase di osteointegrazione: circa dopo 3/4mesi dalla fase chirurgica. Nei casi di natura estetica (denti anteriori o arcate completamente edentule) non si può evitare l’applicazione immediata di una protesi provvisoria, che potrà essere fissa sugli impianti o ancorata ai denti circostanti, oppure mobile appoggiata sulle gengive. La differente soluzione protesica dipende dalla stabilità primaria dell’impianto appena posizionato nell’osso e cioè dal suo grado di tenuta e di ritenzione. Se la stabilità primaria è buona, si potrà avvitare o cementare la protesi provvisoria sull’impianto o sugli impianti (carico immediato) scaricandola dalla masticazione. In caso contrario si dovrà ricorrere ad una protesizzazione provvisoria fissa ancorata sui denti circostanti (Maryland) o, in mancanza di denti, ad una soluzione protesica mobile (cioè adagiata sulle mucose). Per quanto riguarda la protesizzazione definitiva può avvenire attraverso l’uso di una protesi cementata o avvitata all’impianto dopo circa 3/4 mesi.
- Nei casi di all-on four o all-on six cioè in quei casi di edentulia totale con posizionamento di 4 o 6 impianti, la protesizzazione provvisoria fissa è il più delle volte immediata con successiva protesizzazione definitiva dopo qualche mese.
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Quando non ci sono motivi di natura estetica, ad esempio per i denti posteriori, non si usa applicare una protesi provvisoria né prima né dopo: cioè si passa direttamente alla protesi definitiva dopo il periodo canonico di 3/4 mesi.
La protesi cementata consta di 2 parti: l’abutment e la corona (capsula).
L’abutment è un elemento di forma cilindrica in titanio, in oro o in zirconio e si avvita all’impianto endosseo. La corona generalmente in ceramica e lega preziosa (o non) che si cementa all’abutment.
La protesi avvitata non ha l’abutment, ma è rappresentata soltanto dalla corona che al suo interno ha l’alloggiamento per una vite, la quale permetterà l’avvitamento diretto della protesi all’impianto. Ciò però comporta che la corona sia forata nella zona in cui si dovrà far passare il cacciavite per stringere la vite all’impianto. Questo foro dovrà essere ricostruito con un materiale composito, che comunque è visibile, per cui se il foro è in una zona non estetica non ci saranno problemi. In caso contrario il risultato finale sarà brutto a livello estetico (allora sarà più corretto fare uso di una protesi cementata). Sicuramente la tecnica di protesizzazione avvitata è quella che si usa sempre nelle riabilitazioni totali di una arcata su 4 o 6 impianti, perché in questi casi i fori per l’avvitamento della protesi si pianificano in zone poco visibili (per cui anche le ricostruzioni non si noteranno).
Che cosa significa implantologia a carico immediato?
Per implantologia a carico immediato si intende la protesizzazione provvisoria fissa dell’impianto, a poche ore dalla fase chirurgica.
Quali sono le indicazioni del carico immediato?
Indicato nei casi estetici (denti anteriori) e nelle riabilitazioni totali di un’arcata (all-on-four, all-on-six) e si effettua con una protesi provvisoria scaricata dal contatto con i denti antagonisti per ridurre il trauma (da sostituire con quella definitiva dopo qualche mese).
Quali sono i limiti del carico immediato?
I limiti sono rappresentati da una ridotta stabilità primaria dell’impianto inserito nell’osso. In questo caso è azzardato protesizzarlo immediatamente (dopo poche ore dall’intervento), per l’elevato rischio di insuccesso per perdita dell’impianto stesso.
Se per motivi estetici è necessaria una protesi, si utilizzerà una protesi provvisoria ancorata ai denti circostanti (Maryland) o, in mancanza di denti, una protesi mobile poggiata sulle mucose.
IN CHE COSA CONSISTE LA TECNICA IMPLANTO PROTESICA COMPUTER GUIDATA
,Può essere utilizzata per tutti gli impianti, ma soprattutto per i casi più complessi. In particolare per i casi di implantoprotesi di una intera arcata con la tecnica del carico immediato, i passaggi sono i seguenti:
Nella fase preliminare si escludono eventuali controindicazioni al trattamento chirurgico implantare e si valuta l’opportunità di fare un carico immediato. A questo punto se si ritiene corretto il trattamento e se il paziente lo accetta, si procede prendendo le impronte delle due arcate, le cere di altezza, il colore e la forma dei denti della protesi.
Attraverso le impronte si farà realizzare dal tecnico una mascherina radiologica. Nella seconda seduta il paziente, con la mascherina radiologica posizionata in bocca, verrà sottoposto ad una Tac dentale (Cone Beam) di ultima generazione a bassa emissione di raggi (circa 30 microsirver contro i 1000/2000 delle Tac tradizionali). Si avrà così una riproduzione tridimensionale di grande precisione della mascella e della mandibola del paziente.
La fase successiva avviene senza la presenza del paziente con la pianificazione del caso in 3D, utilizzando un sofisticato software che ci permette di eseguire virtualmente la chirurgia implantare, rispettando gli spessori ossei a disposizione e le strutture anatomiche da evitare.
Terminata la pianificazione dell’intervento nel modo più corretto, si invieranno tutte le informazioni ad un centro di produzione stereolitografica che confezionerà una mascherina (dima) chirurgica provvista di cilindri guida. Le stesse informazioni saranno inviate al tecnico che, conoscendo l’esatta posizione degli impianti e la loro inclinazione, potrà confezionare la protesi provvisoria. Questa fase ha una durata di circa 2 settimane.
La fase finale rappresenta la fase chirurgica e protesica sul paziente. Il trattamento verrà effettuato con l’utilizzo della mascherina chirurgica provvista di cilindri guida che sarà applicata alla bocca del paziente nella zona da operare, permettendo di posizionare gli impianti esattamente come nella chirurgia virtuale (stessa sede, stessa inclinazione, stessa profondità, etc). Questo rende l’intervento più semplice, più veloce, meno invasivo, ma soprattutto più sicuro.
Per la parte protesica, la protesi provvisoria già pronta viene avvitata dopo alcuni ritocchi agli impianti appena inseriti. Dopo circa tre, quattro mesi, si potrà concludere il trattamento con la protesi definitiva.
I vantaggi dell’implantologia computer guidata sono: minima invasività per il paziente, rapida guarigione post operatoria rispetto a tecniche tradizionali, precisione, chirurgica e protesica, maggiore sicurezza durante la chirurgia.
Quali sono le complicanze in implantologia?
Le complicanze nei trattamenti di implantoprotesi possono essere legate alla fase chirurgica e alla fase protesica, essere precoci o tardive ma generalmente sono risolvibili e solo in una percentuale molto bassa sono rappresentate dalla perdita dell’impianto. Per quanto riguarda le infrequenti complicanze che possono presentarsi durante l’intervento, generalmente sono ristrette ai casi più complessi per i quali è importante una corretta pianificazione del trattamento e una buona preparazione chirurgica dell’operatore. Per quanto riguarda il postoperatorio è indubbiamente legato al tipo di intervento eseguito.
Molte situazioni come il gonfiore e il dolore non sono da considerarsi complicanze, bensì facenti parte del normale decorso post-operatorio e sono soggettive e non sempre prevedibili. Nei casi di interventi più complessi si possono verificare complicanze come emorragie, parestesie, infezioni con gonfiori importanti e dolori intensi, ma sono tutte situazioni che generalmente si risolvono in qualche giorno (eventualmente con l’aiuto di una terapia antinfiammatoria e antibiotica).
Altre complicanze più serie, fino alla perdita degli impianti, si possono verificare in seguito ad un carico immediato di impianti che non hanno una buona stabilità primaria, oppure in seguito ad una protesizzazione comunque troppo precoce (prima dei 2/3 mesi) di impianti ancora non ben osteointegrati. Possono essere favorite inoltre da malattie sistemiche (es: il diabete), da una cattiva qualità dell’osso (o da una quantità di osso disponibile ridotta),da traumi masticatori, da una igiene carente, dal fumo delle sigarette, da alcune parafunzioni (quali serrare o digrignare i denti), da una presistente cattiva occlusione, che può favorire dei contatti patologici sugli impianti protesizzati o da protesi sugli impianti incongrue.
Al di là della perdita dell’impianto, che sicuramente è la complicanza più antipatica, durante la fase protesica possono verificarsi complicanze di natura estetica: ciò spesso è favorito da una non corretta pianificazione del trattamento da parte dell’operatore.
Non è descritto in letteratura alcun fenomeno di rigetto perché i materiali che costituiscono gli impianti sono biocompatibili e bioinerti.